La soap turca Tradimento chiude definitivamente i battenti su Canale 5 venerdì 28 novembre con una puntata finale che promette di non lasciare nulla di intentato. Güzide, la giudice interpretata dalla straordinaria Vahide Perçin, dovrà affrontare la verità più dolorosa della sua esistenza: quella sul destino del figlio biologico che le era stato sottratto alla nascita. Tarik, l’ex marito protagonista dei tradimenti più crudeli, arriverà finalmente a pagare per i suoi crimini in un finale ricco di colpi di scena.
Güzide tra dolore e giustizia: la verità sul figlio perduto
La serie che ha tenuto incollati allo schermo milioni di telespettatori italiani raggiunge il suo epilogo naturale, portando a compimento tutte le trame più scottanti. Dopo settimane di indagini e rivelazioni sempre più drammatiche, la protagonista arriva finalmente a scoprire l’identità del bambino che Tarik aveva fatto scambiare in ospedale anni prima. Ma quello che doveva essere un momento di riunione si trasforma nell’ennesimo strazio: il piccolo è morto all’età di dieci anni per una meningite che forse avrebbe potuto essere curata. La crudeltà di Tarik emerge in tutta la sua ferocia quando Güzide scopre che l’ex marito non solo aveva rifiutato di riconoscere il bambino malformato, ma aveva anche negato qualsiasi sostegno economico alla famiglia adottiva, condannando di fatto il figlio a una morte evitabile.
Tarik finalmente dietro le sbarre
La giustizia terrena, quella che Güzide dispensa ogni giorno dal suo scranno di giudice, stavolta colpisce anche chi le ha fatto così tanto male. Tarik viene arrestato per l’omicidio del socio d’affari Korkmaz, grazie al video che Yesim aveva coraggiosamente registrato e consegnato alle autorità. È un momento catartico per tutti i personaggi che hanno subito le manipolazioni e gli inganni di quest’uomo senza scrupoli. Vedere finalmente Tarik pagare per almeno uno dei suoi crimini rappresenta una piccola consolazione in mezzo al dolore generale.
Eppure viene da chiedersi: sarà sufficiente? Il male che Tarik ha seminato va ben oltre l’omicidio di un socio. Ha distrutto famiglie, manipolato vite, condannato un bambino innocente. La scrittura della serie turca ha saputo costruire un antagonista perfetto, uno di quegli uomini che nella vita reale purtroppo esistono davvero, capaci di anteporre il proprio orgoglio e la propria immagine sociale perfino alla vita dei propri figli.
Tolga e Yesim: le tragedie della puntata finale del 28 novembre
La puntata finale non risparmia ulteriori tragedie. Tolga, che aveva scoperto di essere il padre biologico del piccolo Can, decide di rapire il bambino per fuggire all’estero con la moglie Selin. Un gesto disperato che testimonia quanto sia difficile accettare che le relazioni familiari non si costruiscano solo sul sangue. Durante il tentativo di fuga, una sparatoria tra suo padre Oltan e Ipek si trasforma in tragedia: Tolga viene colpito e muore tra le braccia del padre, chiudendo così il cerchio di una storia familiare già profondamente segnata dalle perdite.
La morte di Tolga solleva interrogativi interessanti sulla paternità e sull’appartenenza. Questo personaggio, che nelle puntate precedenti aveva mostrato lati controversi, alla fine si dimostra mosso da un sentimento genuino verso un figlio che non aveva mai cresciuto. È possibile che gli sceneggiatori abbiano voluto sottolineare come l’ossessione per i legami biologici possa portare a scelte autodistruttive, mentre i veri legami affettivi si costruiscono giorno dopo giorno.
Il drammatico destino di Yesim
Yesim rappresenta forse il personaggio più tormentato dell’intera serie. Complice inconsapevole di molti crimini del marito, aveva finalmente trovato il coraggio di voltare pagina e confessare alla polizia l’omicidio dell’amica Burcu. Ma il destino ha in serbo per lei un epilogo crudele: sulla via del ritorno dalla stazione di polizia, dopo aver cambiato idea all’ultimo momento, viene investita da un autobus e muore. È quasi una punizione biblica, come se la serie volesse dirci che certe colpe, anche se non portate fino in fondo, lasciano comunque un segno indelebile.
Viene da pensare che la morte di Yesim sia stata scritta come monito: il pentimento dell’ultimo minuto non basta sempre a riscattare una vita costruita su bugie e complicità silenziose. Oppure, in un’ottica più compassionevole, potrebbe rappresentare la liberazione definitiva da un tormento psicologico diventato insopportabile.
Un anno dopo: la famiglia si ricompone
La serie si chiude con un salto temporale di dodici mesi, un espediente narrativo che permette di mostrare come la famiglia Yenersoy sia riuscita a trovare una nuova normalità dopo tante tragedie. La festa per i due anni di Can diventa il simbolo della rinascita: Oylum è incinta del secondo figlio da Kahraman, segno che nonostante tutto la vita continua e trova sempre la sua strada.
Questo finale distensivo potrebbe lasciare qualche telespettatore insoddisfatto, abituato com’è al ritmo incalzante e drammatico delle puntate precedenti. Però ha una sua logica interna: dopo tanta sofferenza, i personaggi meritano un momento di pace. La famiglia riunita attorno a Can rappresenta la vittoria dell’amore costruito quotidianamente sui legami di sangue spezzati e traditi.
Resta da vedere se questo epilogo lascerà spazio a eventuali sviluppi futuri. Il format turco delle soap prevede spesso spin-off o ritorni a sorpresa, e non sarebbe impossibile immaginare una seconda stagione incentrata sulla nuova vita di Güzide accanto a Sezai, o sulle sfide della giovane Oylum nella costruzione della sua famiglia. Per ora, però, il sipario cala su una storia che ha saputo toccare corde profonde, parlando di tradimento non solo sentimentale ma esistenziale, di identità rubate e ritrovate, di giustizia umana e divina.
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